CapIAmoci, Settembre 2024

Introduzione alla rubrica CapIAmoci

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nel mondo della tecnologia, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale.

Con un progresso spedito a velocità mai viste si rischia di perdere il passo coi tempi e di rimanere spaesati, ed è per questo nasce una nuova rubrica: “capIAmoci”, a cura di Mattia Sospetti.

Lo scopo della rubrica è di presentare le notizie più importanti del mese riguardanti il vasto mondo dell’Intelligenza Artificiale, andando in profondità, e permettendo così ai lettori di rimanere aggiornati con pochi minuti al mese.

Edizione Settembre 2024

è con piacere che scrivo questa prima edizione di capIAmoci, la nuova rubrica di GrottiniLab sull’Intelligenza Artificiale, che racconta le notizie sull’AI più interessanti ed importanti accadute negli ultimi 30 giorni.

Settembre è il mese dei nuovi inizi e dei ritorni dalle ferie estive per molti italiani, che riattivano i telefoni dopo averli messi in modalità ‘Non Disturbare’. Nel frattempo, però, l’Intelligenza Artificiale non si è fermata, quindi è facile essersi persi qualche novità nel frattempo: lasciate che sia io a tenervi aggiornati, e non dimenticate di iscrivervi alla newsletter se apprezzate!

Apple AI

Apple AI

 Nella giornata del 9 Settembre, intorno alle ore 19:00, la Apple ha presentato gli ultimi modelli di iPhone 16, nel corso dell’evento intitolato “It’s Glowtime”. In questa rubrica non ci soffermeremo a descrivere l’hardware dei nuovi melafonini, ma approfondiremo il discorso Intelligenza Artificiale, di cui si è naturalmente parlato molto, riprendendo il filo iniziato nel Giugno di quest’anno, durante la consueta WWDC (Worldwide Developers Conference).

Infatti si sono spese tante parole sull’ ormai attesa Apple Intelligence (che precisiamo sarà prerogativa degli iPhone serie 15 in poi), che promette di rivoluzionare il modo con cui interagiremo con i nostri dispositivi tascabili.

Le basi per poter effettivamente essere una killer feature ci sono tutte: dall’integrazione con il SO, e largo utilizzo di LLM e GenAI.

Sarà innanzitutto in grado di comprendere il contesto nel quale stiamo utilizzando il dispositivo, capendo l’applicazione utilizzata e vedendo (testi ed immagini) quanto compare a schermo (si pensi ad esempio a come si possa velocizzare la scrittura di mail grazie ad essa, ma i casi d’uso sono svariati).

Largo spazio inoltre a AI generativa: l’app iMessage (messaggistica preferita a Whatsapp o Telegram, oltreoceano) sarà compatibile con la creazione di immagini generate tramite prompt vocali o scritti tramite tastiera.

Lato sviluppatori, è decisamente interessante il rilascio di API che permettono l’integrazione delle proprie applicazioni con l’AI della mela.

Le novità non finiscono qui, ma per evitare di dilungarmi troppo, riporto quelle più interessanti, e rimando alla fonte, per chiunque volesse approfondire.

D’altro canto, è corretto smorzare gli eventuali entusiasmi, puntualizzando che le funzionalità verranno rilasciate a scaglioni, con compatibilità differenti a seconda della lingua (ovviamente priorità all’inglese americano).

Con ottima probabilità dovremo attendere diversi mesi (si parla di un arco temporale compreso fra autunno 2024 e primavera 2025) prima di vedere all’opera Apple Intelligence nei nostri devices, ma, se Apple dovesse rispettare quanto dichiarato nella WWDC 2024, potrebbe decisamente valerne la pena. Staremo a vedere…

https://www.apple.com/apple-intelligence/

https://www.hdblog.it/apple/articoli/n585126/apple-intelligence-ufficiale-ai-iphone-ipad-mac/

Google AI sickness detector

Google AI Ear: A New Era in Disease Detection

Spesso non ce ne rendiamo conto, ma i suoni del nostro corpo comunicano informazioni circa la nostra salute. Tosse, starnuti e persino il respiro, se analizzati con attenzione, possono essere determinanti per la diagnosi di patologie. Questo è l’assunto da cui Google è partita per sviluppare HeAR, un modello di rete neurale che partendo da una traccia audio di pochi secondi è in grado di predire con un 94% la presenza di malattie polmonari come TBC. Sviluppata congiuntamente con le menti della startup indiana Salcit Technologies, si propone di semplificare lo screening di queste malattie in posti dove l’accesso a servizi sanitarie è più complicato, perseguendo obiettivi di investitori come StopTB Partnership che ha come obiettivo debellare la malattia nei prossimi 5 anni. Essendo stata allenata su un training set di 300 milioni di tracce audio, è sufficiente che l’utente tossisca sul microfono del device (il quale può essere anche semplicemente uno smartphone) per ricevere diagnosi, ad un prezzo decisamente contenuto: si parla di una cifra attorno alle 200 rupie ($2.40).

Ciò che deve sicuramente essere sottolineato da questo nuovo modello è l’apertura ad analisi multimodali (non solo immagini, ma anche tracce audio, video ed ogni forma di contenuto multimediale) per aiutare l’insorgenza di malattie, a beneficio di tutti, laddove un giorno dovessero essere pubblicamente accessibili. Per non parlare inoltre di una democratizzazione di strumenti sanitari, che altrimenti rischiano di essere appannaggio delle persone più benestanti, in quei posti dove il ceto medio non esiste.

https://techcrunch.com/2024/08/29/google-is-working-on-ai-that-can-hear-signs-of-sickness/

https://blog.google/technology/health/ai-model-cough-disease-detection/

https://www.bloomberg.com/news/newsletters/2024-08-29/google-and-others-are-developing-ai-that-can-hear-signs-of-sickness

Anthropic Claude Enterprise

Da quando OpenAI ha rilasciato pubblicamente ChatGPT, nell’ormai lontano 30 Novembre 2022, abbiamo assistito ad una corsa senza precedenti, con l’azienda di Sam Altman in pole position che si è prefissa l’obiettivo di rimanere il riferimento degli LLM (Large Language Model), ed una moltitudine di concorrenti che, cavalcando l’onda dell’entusiasmo, stanno rincorrendo, con nuove funzionalità e prodotti. A tal proposito, è degna di nota la release di Anthropic Claude Enterprise, una subscription plan di Claude (di proprietà della società Anthropic) rivolta alle aziende.

Anthropic, già forte della sua collaborazione con Amazon (infatti il modello LLM di Claude verrà inserito in Alexa Remarkable, la nuova versione potenziata di Alexa), si trova ai vertici dei modelli conversazionali pur avendo circa un quarto del numero di dipendenti di OpenAI (2500 contro 650), fatto esaltato da Scott White, Product Lead.



In realtà è bene notare che OpenAI stessa abbia incluso un abbonamento per aziende (ChatGPT Enterprise), che condivide molte delle funzionalità premium con Anthropic, ma che vanta, dalla sua, un context window raddoppiato (200 mila tokens) e l’integrazione con Projects e Artifacts, dei workspaces proprietari di Anthropic.

Ovviamente, avendo un occhio di riguardo per l’ambiente enterprise, l’azienda rassicura che i dati aziendali non verranno utilizzati per allenare la rete, garantendo quindi la privacy.

Seguendo inoltre quanto fatto da OpenAI, neppure Anthropic si sbilancia dichiarando i prezzi, riservati quindi a chi contatta il team di vendita.

https://www.anthropic.com/news/claude-for-enterprise

https://ainews.it/amazon-sceglie-anthropic-la-nuova-alexa-funzionera-grazie-a-claude/

https://techcrunch.com/2024/09/04/anthropic-launches-claude-enterprise-plan-to-compete-with-openai/

AI nel Retail, come funziona?

AI nel Retail, come funziona?

I negozi al dettaglio si scontrano costantemente con la sfida di fornire un’esperienza di shopping ottimale e personalizzata ai clienti, aumentare le vendite e migliorare l’efficienza complessiva del loro business.

Come si possono raggiungere questi obiettivi?

La risposta potrebbe trovarsi nell’implementazione di un sistema contapersone basato sull’intelligenza artificiale (AI)

L’Intelligenza Artificiale (AI) applicata nel Retail, come funziona?

Il sistema contapersone utilizza l’intelligenza artificiale per migliorare l’accuratezza del conteggio dei visitatori. L’algoritmo dell’AI è programmato per rilevare i contorni dei passanti all’interno dell’ambiente monitorato, distinguendole dagli oggetti inanimati come mobili e muri. Utilizza, quindi, un sistema di tracciamento delle persone per seguire il movimento di ogni individuo e determinare quando una persona entra o esce dall’ambiente, permettendo di tracciare le rotte di accesso preferite all’interno del negozio e di rilevare la permanenza delle persone in alcune aree specifiche.
L’utilizzo di algoritmi permette al sistema contapersone non solo di riconoscere oggetti specifici all’interno del negozio, come ad esempio carrelli della spesa e passeggini, ma anche di adattarsi alle condizioni ambientali in modo da rilevare situazioni più complesse come, ad esempio, gruppi di persone che entrano o
escono contemporaneamente, o persone che si sovrappongono tra loro, in modo da offrire conteggi molto precisi.

Tali dati possono essere utili alla pianificazione e ottimizzazione del layout di un negozio, al posizionamento strategico dei prodotti e al miglioramento dell’esperienza complessiva dei clienti. Allo stesso tempo, l’azienda potrà andare incontro ad un aumento delle vendite, una maggiore efficienza e un miglioramento generale dell’immagine del marchio.

TOP 3 OUTPUT 

1 – Ottimizzazione del personale

Offre aiuto nel capire quando c’è un maggior afflusso di clienti durante la giornata, permettendo di pianificare meglio la presenza del personale ed evitare di avere troppi dipendenti in un momento tranquillo o viceversa.

2 – Analisi del traffico

I sistemi di contapersone possono aiutare i negozi a monitorare il traffico dei clienti nei vari reparti. Questo consente di sapere quali aree sono le più popolari e quali reparti sono meno frequentati, andando così a migliorare, se necessario, la strategia di posizionamento dei prodotti e conseguentemente l’esperienza dei
clienti. La pianificazione del layout di un negozio è importante per poter raggiungere l’obiettivo di vendita prefissato.

3 – Valutazione efficacia delle promozioni

Monitoraggio affluenza clienti durante un periodo promozionale e non. Il confronto tra questi dati permette di comprendere se la promozione sia stata redditizia e funzionale.

Non tutti i sistemi contapersone sono però dotati di AI. Anche tu ti trovi disorientato e non sai quale sistema scegliere? Abbiamo approfondito l’argomento della scelta del contapersone qui.

Trasformazione digitale nel Retail

Trasformazione digitale nel Retail: come la tecnologia sta aiutando i negozi a migliorare l’efficienza e l’esperienza dei clienti

Il panorama del retail è cambiato notevolmente negli ultimi tempi ed è in atto una vera e propria trasformazione digitale nel Retail. Fenomeni indotti dalla digitalizzazione come l’omnicanalità, la proliferazione dei punti di contatto, l’ampiezza e varietà degli assortimenti e la personalizzazione hanno impattato notevolmente sui comportamenti d’acquisto dei consumatori. Di conseguenza, le customer journey ed i parametri di scelta sono diventati più complessi da analizzare, solamente con l’utilizzo dei tradizionali strumenti di ricerca. I punti vendita non sono più solo luoghi in cui i consumatori si recano per cercare e acquistare prodotti, ma sono diventati spazi in cui si intraprendono percorsi esperienziali molto ricchi, integrando stimoli online con quelli forniti dall’ambiente esterno in modo da rendere sempre più offuscata la linea di demarcazione tra reale e virtuale. I consumatori oggi non sono attratti solo dai prezzi o dalle offerte, ma sono alla costante ricerca di nuovi stimoli, di nuove esperienze gratificanti.

In particolare, il punto vendita fisico è diventato sempre più un luogo di incontro tra i clienti e il brand, dove l’esperienza di acquisto è sempre più personalizzata. I consumatori hanno modificato le abitudini di acquisto e sviluppato nuovi bisogni ed aspettative, con un vero e proprio boom degli e-commerce, specialmente durante il lockdown. I negozi tradizionali stanno sempre più adeguando la loro offerta alle richieste dei consumatori, con l’obiettivo di offrire loro un’esperienza di shopping unica, innovativa e personalizzata.

Negozio fisico: analizziamo alcuni dati

retail fashion

Secondo l’osservatorio Multicanalità, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da NielsenIQ, nel 2021 sono 46,1 milioni i consumatori multicanale – gli utenti che usufruiscono di servizi di e-commerce o per i quali il digitale ha un ruolo nel proprio percorso di acquisto -, pari all’88% della popolazione italiana con più di 14 anni (52,6 milioni).  Tuttavia, tra i consumatori troviamo diversi comportamenti di acquisto:

  • il 22% della popolazione, si informa online ma poi compra nel punto vendita perché diffidenti verso i pagamenti anticipati e legati al rapporto personale col venditore: questo comportamento si chiama web-rooming.
  • Il 12% della popolazione, è composto da utenti refrattari al digitale che vivono lo shopping esclusivamente nella dimensione fisica.

Nel contesto del retail marketing, la raccolta di dati sui consumatori è diventata una pratica sempre più diffusa. Sia per i grandi retailer, sia per i punti vendita di dimensioni ridotte, conoscere i propri consumatori sta diventando una necessità sempre più attuale.  Utilizzando le tecnologie, i retailer possono raccogliere informazioni sul comportamento degli acquirenti all’interno del punto vendita, come i loro spostamenti, la durata della visita e la correlazione con i prodotti acquistati.

INNOVAZIONE E DATI

Perché i retailer sono così interessati ai dati dei consumatori?

Uno degli obiettivi della trasformazione digitale nel Retail è quello di avere maggiori informazioni sui propri clienti in modo da personalizzare l’esperienza di acquisto, migliorare la fidelizzazione e aumentare le vendite. All’interno di un e-commerce è più facile conoscere le abitudini di acquisto di un cliente e ciò permette di offrirgli promozioni personalizzate e di suggerirgli prodotti complementari ai suoi acquisti precedenti. Sempre più i negozi fisici cercano di replicare le pratiche utilizzate nell’online con lo sviluppo di nuovi metodi di analisi e l’introduzione di sistemi tecnologici innovativi basati sull’intelligenza artificiale per l’analisi del comportamento del consumatore all’interno del punto vendita.

L’innovazione costa… si può partire con qualcosa di economico, ma ugualmente efficiente?

Per raggiungere un livello avanzato di analisi dei comportamenti dei consumatori è necessario effettuare studi approfonditi su traiettorie, movimenti e flussi di persone. Tuttavia, per farlo, ci sono dei costi di installazione e gestione da considerare, oltre a dover impiegare persone altamente qualificate per l’analisi dei dati.  La trasformazione digitale nel Retail può iniziare dall’introduzione di un sistema di conteggio delle persone che consente di acquisire dati essenziali, ma cruciali per ottimizzare le prestazioni delle vendite. Organizzando i dati raccolti dal punto vendita in base ai giorni della settimana e alle fasce orarie e poi collegandoli al valore medio degli scontrini per ciascuna fascia, è possibile ottenere una panoramica sulla produttività dell’attività, sul profilo dei clienti e sulle loro preferenze. L’analisi di questi dati consente di individuare i momenti di maggiore affluenza e, di conseguenza, gli “hot-spot”.

dashboard grottinilab

Dalla dashboard qui rappresentata emerge che l’utilizzo di un contapersone comporta importanti benefici per quanto riguarda l’efficienza operativa, l’incremento delle vendite, la diminuzione dei costi e quindi aiuta ad ottimizzare la soddisfazione del cliente.

CONTAPERSONE A BASSO COSTO?

il risparmio può costare caro

Ci sono diversi tipi di contapersone, ma sono tutti uguali? Ecco una lista dei principali metodi utilizzati per il conteggio di persone e le loro caratteristiche peculiari.

Sistemi base

  1. Conteggio a mano: si tratta di un contapersone meccanico manuale, compatto e semplice da utilizzare. Alla persona dedicata al conteggio, basterà premere il pulsante, per cominciare il suo conteggio.
  2. IR- sistema infrarosso ad attraversamento: è un dispositivo che utilizza un raggio di luce infrarossa per contare oggetti o persone in movimento. Il funzionamento si basa sull’emissione di un raggio di luce infrarossa, che viene interrotto quando un oggetto o una persona attraversa l’area.

Sistemi di visione

Sensore video RGB + infrarosso

        1. Proiezione IR: un dispositivo che usa la luce infrarossa per rilevare la posizione e il movimento degli oggetti. Questo sensore utilizza una telecamera che rileva la luce infrarossa emessa da un emettitore a LED, che viene usata per creare una mappa tridimensionale delle aree circostanti. Il sensore IR è in grado di rilevare la posizione degli oggetti in movimento, con una frequenza di circa 30 frame al secondo, e di rilevare la profondità e la distanza degli oggetti dal sensore. Il sensore IR deve essere posizionato in un’area che abbia una buona visibilità per l’emettitore a LED, in modo che la luce infrarossa possa essere riflessa e rilevata dalla telecamera
        2. Sensore ToF: Un sensore TOF (Time of Flight) utilizza una tecnologia basata sulla misurazione del tempo impiegato da un impulso laser a raggiungere un oggetto e tornare indietro. Il sensore emette un impulso laser che viene riflesso dall’oggetto e catturato dal sensore stesso. La distanza dell’oggetto viene quindi calcolata sulla base del tempo impiegato dall’impulso laser per essere emesso e riflessi. Il sensore TOF è in grado di rilevare oggetti in movimento e di misurare la loro distanza in tempo reale. Inoltre, il sensore TOF è meno sensibile alle condizioni di luce ambientale e ai riflessi rispetto ad altri tipi di sensori, grazie al fatto che il laser è monocromatico e diretto, e quindi non interferisce con altri oggetti presenti nell’area.

Sensore video RGB con AI

una comune telecamera bidimensionale coadiuvata da un’intelligenza artificiale, opportunamente addestrata a distinguere le persone dagli oggetti. L’algoritmo dell’AI è programmato per riconoscere i contorni delle persone e identificarle come oggetti separati, in modo da effettuare conteggi estremamente precisi.

Stereoscopico con AI

utilizza una tecnologia di rilevamento delle persone basata sulla visione tridimensionale. In pratica, utilizza una coppia di telecamere poste a distanza ravvicinata in modo da ricostruire la profondità della scena. Il sensore è supportato anche da algoritmi di intelligenza artificiale che aumentano le performance del sistema aggiungendo dettagli importanti e/o riconoscendo oggetti. Si può infatti stimare il gender del passante o dove egli ha rivolto la propria attenzione; in aggiunta il sistema può rintracciare anche oggetti riconoscibili come un passeggino o una sedia a rotelle o identificare oggetti indossati dalla persona, come ad esempio una mascherina.

Come scegliere?

La scelta è condizionata dalla reale necessità e dal budget, ma ecco un piccolo specchietto comparativo delle diverse tecnologie.

L’inserimento della tecnologia contapersone all’ingresso dell’ambiente rappresenta una delle soluzioni disponibili per indirizzare e supportare il retailer nella presa di decisioni strategiche per il punto vendita.

comparazione people counter

In GrottiniLab, come si può vedere dalla tabella, abbiamo deciso di puntare su due tipologie di contapersone. Una soluzione top di gamma con un sensore Stereoscopico + AI e una soluzione prodotta in casa, dove si abbina l’AI ad un normale sensore RGB. Per approfondire 👉🏻People Counter Evolution – Grottinilab

La trasformazione digitale nel Retail è un nostro obiettivo: contattaci per scoprire come possiamo aiutarti a conoscere meglio quello che accade nel tuo punto vendita.

Share of Shelf e Range Assortment: l’AI al servizio del brand

Le classiche domande a cui un merchandiser deve rispondere.

Qual è la mia Share of Shelf? Com’è rappresentato il brand sullo scaffale? Gli assortimenti concordati con il distributore sono rispettati? Quanto performa il mio agente locale? Come si posizionano i miei competitor? Le azioni in store vengono attivate in modo coerente con la strategia?

Domande che un merchandiser si pone quotidianamente per valutare la propria strategia di vendita e la rispondenza agli obiettivi prefissati. Fino ad ora, doveva verificarle con un metodo empirico, approssimativo, dettato dalla sua percezione e dall’esperienza.
Il category management e le vendite oggi hanno uno strumento in più: è possibile, infatti, oggi valutare questa metrica con uno strumento attendibile, con dati misurabili e certi, velocemente e con alta attendibilità grazie all’Intelligenza artificiale.

Shelf Management APP

Share of shelf e Range assortment

La nostra Shelf Management App (SmA)  verifica il rispetto e la gestione dell’assortimento nei punti vendita.

Scatolato, food e non food, bottiglie e molto altro, valutando se lo spazio sullo scaffale del proprio prodotto o l’assortimento delle referenze è in linea con la propria market share. La dashboard è consultabile da App da smartphone o direttamente da Laptop, con la possibilità di filtrare per Insegna, tipologia di store o planogramma e specifico agente.

Le nostre soluzioni digitali avanzate per il retail si ampliano con l’app appena arrivata. SmA si aggiunge alla misurazione dello shopping journey, utile per migliorare l’esperienza d’acquisto dello shopper e aumentare le performance di vendita.

ANALISI DINAMICA DEL SINGOLO PRODOTTO

Share of Shelf e Range Assortment

Nel 2022 abbiamo migliorato notevolmente il software, già operativo durante la pandemia, rivoluzionandone totalmente l’approccio. Si è passati infatti da un semplice confronto statico tra stato di fatto e planogramma ideale (leggi qui come ottimizzarlo) ad un’analisi intelligente, elaborata con dati incrociati e dinamici. La lettura infatti, oggi si basa sul riconoscimento di ogni singolo prodotto restituendo più parametri, con altissimo margine di veridicità.

L’analisi si basa su due metriche fondamentali, Share of Shelf e Range Assortment. E’ possibile un filtraggio per insegna, tipologia di store (iper, prossimità), e per specifico agente sul territorio. SmA funziona con tutti gli smartphone (Android & IOS), è semplice e intuitiva, può produrre alert e all’occorrenza può essere integrata anche all’interno del tool di raccolta dati aziendale.

È sufficiente scattare una foto dello scaffale, senza dover misurare o scansionare ogni singolo prodotto, e il resto lo farà il software. L’elaborazione avviene in cloud e gli insight richiesti sono disponibili in real time.
Il risultato può essere utile al produttore per molteplici aspetti:

  1. applicare correttivi all’assortimento,
  2. rivedere gli accordi commerciali con il retailer
  3. aggiornare la strategia di marketing interna,
  4. capire su quale insegna o quale area territoriale concentrare gli sforzi commerciali.

UTILE AL BRAND, UTILE AL RETAILER

Se i produttori stanno considerando con favore questo strumento, il retail appare ancora tiepido mentre i vantaggi per la sua adozione sarebbero altrettanti e altrettanto concreti. Intanto valutare e misurare le proprie performance anche su diversi punti vendita, e poi avere uno strumento certo per consolidare la relazione con il produttore con un riscontro certificato sui planogrammi concordati. Non solo, potrebbe essere anche un servizio ulteriore da offrire per arricchire il rapporto contrattuale con diversi brand e restituire un’offerta al cliente più completa e moderna.

Estratto e riadattato da L’IMPRESA COMUNICA, Pianeta Distribuzione 7-8/2022 © Editoriale Largo Consumo srl.

Contattaci per scoprire come possiamo aiutarti per conoscere la tua Share of Shelf e il tuo Range Assortment.

Come misurare l’efficacia delle vetrine?

Cliente

Retailer, fashion

Domande di business

Verificare le performance di due proposte di comunicazione a vetrina differenti, una di tipo emozionale e una di tipo razionale.

Proposta

Monitoraggio del tasso di attenzione, attrazione e azione generato dalle due proposte.

Risultati

Le metriche Glab hanno permesso di misurare in maniera oggettiva le performance di due comunicazioni differenti, valutandone l’effettivo ROI e permettendo una scelta allineata con la strategia aziendale e gli obiettivi di fatturato.

È nato il sito dedicato ad i-Labs

Nell’ambito del progetto Miracle, è nato il sito dedicato ad i-Labs, il marchio che identifica le piattaforme Tecnologiche della regione Marche, finanziato dal Por Marche Fesr 2014- 2020.

L’obiettivo del progetto è la creazione di un Laboratorio di eccellenza capace di evolvere, sperimentare e incentivare le attività di ricerca e sviluppo di tecnologie, sistemi e approcci per la realizzazione di soluzioni innovative e interoperabili nei diversi settori merceologici riconducibili al dominio della domotica e degli ambienti di vita.

Grottinilab partecipa in maniera diretta al progetto MOHMI all’interno della sezione “Smart Environments”, mettendo a disposizione la propria esperienza maturata nel campo della visione artificiale e nell’utilizzo di telecamere dotate di algoritmi di intelligenza artificiale.

Il progetto ricerca, infatti, soluzioni avanzate per il monitoraggio e il miglioramento dell’interazione uomo-sistema utilizzando sensori audio e di visione di ultima generazione, coadiuvati da algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning.

Progetto Miracle

La troppa scelta confonde il consumatore: c’è un limite di prodotti da non superare sullo scaffale?

c’è un limite di prodotti da non superare sullo scaffale?

Lo Shelf Marketing, letteralmente “Marketing dello scaffale”, consiste nell’insieme di tecniche utilizzate nelle attività commerciali per disporre le merci sugli scaffali dei punti vendita, al fine evolvere ed ottimizzare l’esperienza di acquisto. Si tratta di gestire lo spazio limitato del punto vendita e degli scaffali, determinato dalle strategie di category management (quanto spazio assegnare alle categorie e scelte di ampiezza e profondità degli assortimenti), per massimizzare le performance dello scaffale.

Nell’ultimo decennio nel mondo Retail è in atto una vera e propria inversione di tendenza, con le grandi superfici che vengono strette nella morsa di un eccessivo affollamento geografico, della crisi economica, del successo dei discount e infine della crescita dell’e-commerce. L’esplodere della pandemia di COVID-19 non ha fatto altro che accentuare i processi già in corso e favorire il rilancio dei piccoli format distributivi di prossimità. La riduzione delle superfici, ovviamente, comporta anche una riduzione dello spazio da dedicare a categorie e scaffali, contribuendo, quindi, ad attribuire alle strategie di Shelf Marketing un ruolo sempre più cruciale per il mondo del Retail.

Come si determinano la posizione e lo spazio da assegnare ai singoli prodotti?

Scegliere la posizione e la quantità di facing a destinata ai prodotti della categoria costituisce una delle leve fondamentali di contrattazione che regolano i rapporti tra industria e distribuzione. Al netto degli accordi commerciali, il principale criterio utilizzato per decidere lo spazio e la posizione dei prodotti sugli scaffali si basa sull’analisi dello storico delle vendite, tenendo conto anche degli episodi di shelf out of stock (leggi questo articolo per sapere come è possibile gestire e minimizzare questo fenomeno). Altri criteri consistono nell’assegnare più o meno spazio a seconda del tasso di incremento delle vendite di un prodotto, o considerare le quote di mercato con riferimento della specifica categoria. Infine, l’esigenza di massimizzare l’efficienza logistica determina scelte in materia di approvvigionamento e stock di magazzino che hanno un impatto sulle decisioni assortimentali di scaffali e categorie.

Il grande assente: la prospettiva degli shopper

I criteri elencati hanno il limite di partire tutti da una prospettiva “interna” e di non considerare il punto di vista di chi acquista – o non acquista – i prodotti sugli scaffali. L’argomentazione parte da un semplice quesito: cosa vede, percepisce, memorizza e valuta un acquirente quando si appresta a mettere nel carrello un prodotto? E quali certezze abbiamo che la lettura e dunque la percezione, la comprensione e la memorizzazione di quanto compare negli innumerevoli facing degli scaffali, sia corretta e completa?

È evidente che sarebbe fuorviante basare tali valutazioni solo sul risultato di vendita, in quanto si trascurerebbero tutti i fattori che lo hanno determinato, tra i quali, appunto, le percezioni e le preferenze degli Shopper di fronte allo scaffale. Ad esempio, il dato di sell-out non restituisce una visione sui prodotti che vendono meno, ma che, nonostante questo, si dimostrano fondamentali nell’attirare i consumatori nella categoria (cosiddetti “prodotti allodole” o “civetta”).

Per compiere scelte di Shelf Marketing vincenti occorre dunque integrare le informazioni tradizionali con dati reali sulle scelte e sulle preferenze dei consumatori davanti agli scaffali del punto vendita, per capire che cosa ne determina o frena l’acquisto, utilizzando le moderne tecniche di rilevazione implicita del comportamento dei consumatori (leggi questo articolo per approfondire le tecniche di Shopper Behavior Analytics).

L’apporto dei dati sul comportamento d’acquisto

Ma quanti prodotti ci dovrebbero essere nello scaffale? Pensiamo che per stabilire il numero di SKU ottimali per una data categoria, occorra affiancare ai criteri elencati in precedenza i dati reali sul comportamento degli acquirenti in quella specifica categoria. Tuttavia, i dati raccolti in anni di esperienza in Shopper Research ci permettono di fare alcune considerazioni generali. Un approccio interessante riguarda la possibilità di studiare le azioni compiute dai consumatori davanti allo scaffale e le interazioni che si vanno a creare tra il consumatore ed i prodotti esposti. Si va ad analizzare quali prodotti vengono toccati, quali vengono presi e acquistati o riposti nello scaffale, e quali prodotti non vengono mai toccati. Partendo da questi dati, infatti, è possibile ottimizzare lo spazio e i facing assegnati ai vari prodotti, con un approccio completamente innovativo, che parte dal confronto tra attenzione generata nei consumatori, quota di scaffale e numero di facciate – o facing – assegnate. Le evidenze delle analisi che abbiamo effettuato all’interno dei nostri Shopper Science Lab, store reali dotati in maniera permanente di tecnologie che permettono un’analisi implicita dello Shopper Behavior (leggi questo articolo se vuoi scoprire di più sugli Shopper Science Lab), ci hanno consentito di individuare un treshold di categoria oltre il quale non è mai consigliabile spingersi. Infatti, i nostri studi, basati sull’analisi dei dati presenti nei nostri database, riferiti a 18 categorie in 7 punti vendita (ipermercati, supermercati e minimarket) in 4 Paesi differenti (Italia, Germania, Cina, Indonesia), ci mostrano come le categorie che hanno più di 100 referenze hanno percentuali di interazione con i prodotti sensibilmente più basse (1 sku su 6 non viene toccata); queste percentuali diminuiscono ancora quando ci si attesta sopra le 200 referenze (1 sku su 5 non viene toccata e addirittura una su quattro non viene mai acquistata). I dati mostrano, inoltre, come più è ampio l’assortimento della categoria minore è la sua efficienza nel convertire all’acquisto, con la curva di marginalità delle categorie che si abbassa rapidamente oltre le 100 SKU. Ovviamente, non si tratta di una soglia “invalicabile”, ma di un parametro da tenere in considerazione insieme ai criteri classici, permettendo a retailer e produttori di operare delle scelte oculate. Dalla scelta del numero di referenze destinate alla categoria dipende la scelta di profondità e ampiezza dell’assortimento, e infine la posizione da assegnare all’interno dello scaffale.

Curva di marginalità delle interazioni: SKU sullo scaffale vs % SKU che non vengono mai toccate dagli acquirenti – ©Grottinilab Global Shopper Database

Anche in questo ambito, lo studio delle interazioni con i prodotti sullo scaffale permette di operare scelte più aderenti alle preferenze espresse dagli acquirenti con le proprie azioni e scelte. Guardando la heatmap dello scaffale è infatti possibile osservare quelle che sono le aree calde (le aree che attirano maggiormente l’attenzione) e fredde (quelle che contengono SKU che vengono scarsamente interagite) dello scaffale e della categoria.

Heatmap dello scaffale

Esempio di “Heatmap” dello scaffale di una categoria – ©Grottinilab Global Shopper Database

Conoscendo le zone dello scaffale più o meno performanti e i prodotti che attirano di più l’attenzione, sarà possibile, dunque, ridisegnare scaffali e assortimenti tenendone conto oppure, in caso non fosse possibile spostare i propri prodotti in aree più performanti, cercare di migliorare la propria visibilità testando l’impatto sulla navigazione dello scaffale da parte degli acquirenti delle iniziative di Marketing, come l’utilizzo di nuovi packaging o l’inserimento di materiale promozionale.

Contattaci per scoprire come possiamo aiutarti nel costruire l’assortimento ideale per la tua categoria, con dati reali suoi tuoi acquirenti.

Out of stock: come limitare il fenomeno?

Out of stock

L’out of stock a scaffale, o anche “rottura di stock”, è la mancanza di un determinato prodotto sullo scaffale. Il fenomeno è estremamente diffuso nel mondo del retail. Infatti, una ricerca rivela come nel 41% dei casi il cliente non riesca a trovare sullo scaffale almeno uno dei prodotti desiderati. L’assenza del prodotto provoca l’insoddisfazione del cliente e impatta molto negativamente sulla sua shopping experience. Il 70% degli shopper afferma di aver vissuto esperienze negative negli ultimi 6 mesi e che, proprio per questo motivo, non farà più acquisti nel punto vendita dove ciò è avvenuto. Secondo gli shopper, l’out of stock è tra le cause principali di una store experience negativa.

Gli effetti negativi dell’Out of Stock

Come si comportano gli shopper di fronte ad un out of stock? Imbattendosi per la prima volta nell’out of stock, gli shopper tendono ad attribuire la causa del fenomeno al produttore. Infatti, il 35% di essi decide di non comprare più prodotti del brand assente dallo scaffale e cambia marchio di riferimento. Di fronte ad un caso reiterato di rottura di stock, invece, il cliente attribuisce le cause dell’assenza del prodotto allo store. Il 25% degli shopper sceglie di non fare più acquisti in quel punto vendita e di rivolgersi ad un altro più fornito.

Insomma, l’out of stock è un problema tutt’altro che irrilevante, le cui soluzioni sono spesso considerate complesse e dispendiose. Com’è possibile controllare che i propri prodotti siano sempre presenti sullo scaffale e posizionati correttamente? È possibile assicurarsi che lo staff del punto vendita riposizioni rapidamente il prodotto una volta terminato?

Il ricorso alle statistiche

Spesso per limitare il fenomeno dell’out of stock si fa ricorso a strumenti statistici che forniscono previsioni sulle performance del prodotto.

Il prodotto viene posto sotto osservazione per un certo lasso di tempo; i dati ricavati da queste osservazioni riguardano essenzialmente il trend del prodotto e sono utili a prevedere il periodo in cui sarebbe più elevato il rischio di out of stock. Tali previsioni non sempre riflettono i reali andamenti. Inoltre, gli strumenti statistici non sono in grado di prevedere gli effetti provocati da eventi come promozioni, nuovi packaging o nuove campagne pubblicitarie.

Per questa ragione, le statistiche permettono di arginare solo parzialmente il problema ma non possono essere in alcun modo considerate risolutive.

Trade marketing: è davvero efficace?

Un’altra soluzione utilizzata per gestire il fenomeno è il trade marketing.

Un addetto è incaricato dall’azienda produttrice di recarsi periodicamente sul punto vendita per effettuare rilevazioni sullo stato dello scaffale e dei prodotti. In questo caso, è possibile sapere con certezza se il prodotto è presente sullo scaffale e se è posizionato correttamente.

Si potrebbe pensare che il trade marketing sia la soluzione perfetta, ma di fatto così non è. Tipicamente i risultati delle osservazioni fanno riferimento ad un solo giorno della settimana, in un’unica fascia oraria e non ci sono, quindi, informazioni sullo stato del prodotto durante altri periodi di tempo, ovvero quando si potrebbe verificare effettivamente l’out of stock.

A quanto pare, l’unico modo per ridurre drasticamente il fenomeno della rottura di stock è avere sempre disponibili dati in tempo reale sullo stato dello scaffale e del prodotto.

È così lontana l’idea di una soluzione tecnologica che monitori costantemente lo scaffale?

Computer Vision e Artificial Intelligence: la cura definitiva

Grazie al ricorso a discipline come Computer Vision, Intelligenza Artificiale e Machine Learning, Grottinilab ha progettato un software innovativo in grado di porre rimedio al problema dell’out of stock.

Questa soluzione monitora costantemente lo stato dello scaffale e fornisce informazioni sul livello di out of stock, sul rispetto del planogram e sul layout dello scaffale. Il software è in grado di riconoscere in tempo reale se un prodotto è terminato oppure se è stato collocato nel posto sbagliato. In caso di anomalie, il sistema invia immediatamente un alert al Category Manager e allo Store Manager. Ricevuto l’alert, lo staff può ricollocare rapidamente il prodotto al suo posto, garantendone sempre la disponibilità per il cliente. In questo modo, il cliente, di fronte allo scaffale, troverà sempre disposizione ciò che cerca. Grazie a questa innovativa soluzione, il brand registrerà un reale miglioramento nelle performance di vendita.

Shopper Behavior analysis per contrastare la crisi del Retail

Shopper behavior

Negli ultimi anni il mondo del Retail sta subendo una trasformazione radicale. La diffusione delle nuove tecnologie e l’avvento dell’e-commerce sembrano aver messo a rischio l’esistenza degli store fisici. Il 15 % degli shopper utilizza dispositivi mobili per cercare informazioni sui prodotti durante la permanenza nello store mentre il numero degli acquisti online è in costante crescita. Un altro fenomeno in aumento è lo “showrooming”: l’acquirente visita il punto vendita allo scopo di esaminare un prodotto per poi acquistarlo online ad un prezzo inferiore. Tale comportamento, considerato marginale fino a qualche anno fa, è uno dei segnali evidenti di cambiamento dello shopper behavior. Grazie al web, gli shopper possono cercare le recensioni di un prodotto oppure confrontare i prezzi previsti dalla concorrenza per lo stesso prodotto, anche diverse settimane prima che si verifichi l’acquisto. Tutto ciò indica che il cambiamento radicale del mondo del retail è dovuto ad una trasformazione altrettanto radicale dello Shopper Behavior.

Shopper Behavior: cos’è?

Lo shopper behavior è l’insieme dei comportamenti messi in pratica dal cliente a partire dall’intenzione di acquisto sino all’acquisto del prodotto. Comprenderlo non è mai stato facile ma, con l’avvento dell’e-commerce, la situazione si è ulteriormente complicata. Le persone, infatti, non seguono più un percorso di acquisto prevedibile e lineare. Tuttavia, è bene sottolineare che la crisi del retail non dipende da questa trasformazione. L’86% degli shopper continua a fare acquisti nei punti vendita e per l’84% di essi l’ambiente fisico è estremamente importante. Gli shopper che vivono una store experience positiva trascorrono più tempo nello store, fanno più acquisti d’impulso e ritornano volentieri. Il 70% degli shopper, però, afferma di aver vissuto un’esperienza negativa negli ultimi 6 mesi e che, proprio per questo motivo, non farà più acquisti in quel punto vendita. In poche parole, i clienti non tornano perché i retailer non offrono un’esperienza d’acquisto soddisfacente.

Store experience: i fattori determinanti

Gli shopper vivono una store experience negativa a causa di ambienti disordinati, pulizia e servizi di base carenti. Questi sono solo i più noti fattori che influenzano l’esperienza d’acquisto. Il layout di uno scaffale, il materiale promozionale e l’assortimento hanno un grande impatto sullo shopper behavior. È importante sottolineare che l’azione di questi fattori non sempre viene percepita consapevolmente dagli acquirenti mentre operano le loro scelte all’interno del punto vendita. Come è possibile ciò? Durante lo shopping journey entrano in gioco due modalità di pensiero:

  • Pensiero lento, una modalità razionale ed esplicita basata sulla riflessione
  • Pensiero veloce, una modalità intuitiva ed implicita basata sulla percezione, di cui lo shopper non è consapevole.

La decisione d’acquisto finale dipende pertanto da una molteplicità di stimoli che impattano sul pensiero veloce. La presenza di offerte e promozioni, nuovo materiale pubblicitario, nuovi packaging o prodotti influenzano inconsapevolmente le preferenze dello shopper, stravolgendone le iniziali intenzioni di acquisto.

Comprendere lo Shopper Behavior: le tradizionali analisi di mercato

Da dove partire quindi? Per comprendere le abitudini d’acquisto degli shopper, solitamente si ricorre alle tradizionali tecniche di analisi di mercato, che permettono di ottenere direttamente dagli shopper informazioni sulla store experience. Le informazioni così ottenute, però, non bastano per costruire un servizio personalizzato perché queste tecniche di ricerca non forniscono alcun insight sul “pensiero veloce”. Per ottenere informazioni davvero utili è necessario tener conto degli stimoli che influenzano inconsapevolmente le scelte dello shopper. Come è possibile misurare gli effetti impliciti di questi fattori sullo shopper behavior? È necessario ricorrere a tecniche di ricerca innovative capaci di osservare attentamente lo shopper behavior, dal suo ingresso fino alla sua uscita dallo store. Oggi è possibile mettere in pratica tale metodo di ricerca grazie ad un nuovo approccio al retail basato sulla combinazione tra strategia e tecnologie.

La soluzione di Grottinilab: l’impiego dell’Artificial Intelligence nel Retail

Ricorrendo a Computer Vision, Artificial Intelligence e Machine Learning, Grottinilab ha realizzato innovative soluzioni tecnologiche in grado di monitorare passivamente il comportamento dello shopper. Questi strumenti permettono, per la prima volta, di ottenere insight oggettivi anche sui processi impliciti di pensiero che guidano l’acquirente nei suoi acquisti. Le informazioni ottenute permettono ai retailer di progettare servizi personalizzati, offrendo ai clienti una shopping experience unica e piacevole e aumentando la loro store loyalty.

Grottinilab fornisce un servizio unico: unisce alla raccolta dati un servizio di data analytics e di consulenza retail marketing. Il team di Grottinilab segue il cliente dalla delineazione delle sue necessità fino all’elaborazione di concrete azioni di business. Grottinilab fornisce gli strumenti adeguati a raccogliere i dati necessari al soddisfacimento delle esigenze dei clienti e analizza i dati raccolti per fornire le informazioni rilevanti. Infine, sulla base delle informazioni raccolte, elabora insieme al cliente le strategie di marketing più adeguate a migliorare la store experience dei suoi shopper e, di conseguenza, incrementare il proprio fatturato.

Il ruolo dei Big Data nelle strategie di Retail Marketing – 3 di 3

Guida 3di3 Il ruolo dei Big Data nelle strategie di Retail Marketing

I Big Data sono oggi uno degli argomenti più utilizzati, cliccati e taggati in molti articoli e post social ma pochi sono, ad oggi, i casi concreti di utilizzo nel mondo Retail.

L’approccio all’analisi dei Big Data nel Retail Marketing segue un ordine di priorità, strettamente collegato alle variabili del Trade Mix, che può essere riassunto in questo semplice schema:

Big Data Analytics nel Retail Marketing

Nell’applicazione specifica dell’analisi dei Big Data al Retail Marketing, poche sono le aziende che sono state in grado di convertire questa enorme quantità di dati in informazioni veramente utili alle azioni concrete di business e di utilizzarli per monitorare l’impatto di tali azioni sul mercato, per un chiaro feedback.

In questa terza uscita termina il nostro percorso sull’utilizzo efficace dei Big Data per le strategie di Retail Marketing, affrontando la definizione dei fondamentali per migliorare l’esperienza di navigazione della categoria e dello scaffale.

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